Radio e cinema avevano occupato un posto importante nella vita dei calabresi. Ma, verso la fine degli anni ’50, la televisione sconvolse il loro modo di vivere e pensare. I primi apparecchi furono acquistati da famiglie benestanti e, per attrarre i clienti, da proprietari di botteghe e caffetterie.
Quel sogno chiamato televisione
I televisori erano un sogno e molti ricordano che alcuni si fermavano davanti alle vetrine che li esponevano per guardare il segnale video. La gente amava la televisione e preferiva i telequiz come Lascia o raddoppia e Il Musichiere agli altri programmi, perché proponevano un’atmosfera festiva che, seppur fittizia, favoriva l’identificazione tra spettatore e giocatore.

I telespettatori, a differenza di quanto accadeva con radio e cinema, avevano la sensazione di entrare nel piccolo schermo e dialogare alla pari con i personaggi. I concorrenti del “popolo” che vincevano grosse somme erano, inoltre, un esempio di riscatto sociale. Già: rispondendo ad alcune domande potevano cambiare le proprie esistenze.
La prima tv star calabrese
Nel 1959 la maestra cosentina Lya Celebre partecipo a Il Musichiere. In città vi fu un grande entusiasmo: la notizia si diffuse in un batter d’occhio da via Piave alle Paparelle e da Portapiana a Panebianco.
La Celebre non vinse ma diventò per qualche tempo una celebrità.
In una lettera a un giornale locale dichiarò di aver vissuto un’esperienza straordinaria: aveva sorvolato la capitale a bordo di un moderno aereo, ricevuto dalle mani di Mario Riva i due gettoni e il musichiere e vissuto per alcuni giorni in quel mondo meraviglioso di cameraman, luci, giraffe e telecamere.
La magia dello schermo
La Tv era un prodotto della modernità e della tecnologia più avanzata ma riproponeva un sistema mitico, simbolico e rituale già in parte conosciuto.
Le immagini televisive, osservava Jean Cazeneuve, in virtù del loro potere di suggestione e fascinazione, penetrano nella vita degli uomini con la stessa semplicità di alcuni apparati magico-rituali presenti nelle comunità.
Il televisore stesso, in fondo, era un apparecchio magico. Nessuno riusciva a spiegare in maniera convincente perché sul vetro di quella scatola di legno che conteneva marchingegni collegati con un filo ad un bizzarro albero metallico, si potessero vedere luoghi e persone distanti anche migliaia di chilometri.

Varie persone mi hanno raccontato che c’era chi, vedendo per la prima volta le immagini, andava dietro all’apparecchio per adocchiare se ci fosse nascosto qualcuno, mentre altri rispondevano al saluto dell’annunciatrice quando presentava i programmi della serata.
Pregiudizi medici: la televisione fa male
Negli anni in cui la televisione si affermava, non si percepivano i cambiamenti che essa avrebbe provocato. Tuttavia, c’era già chi mostrava una certa contrarietà.
Qualcuno sosteneva che gli apparecchi sprigionassero “raggi radioattivi” e “onde sonore” pericolosi per l’udito e la vista e, non a caso, i rivenditori consigliavano di guardare lo schermo a una certa distanza e di porvi sopra una fonte luminosa.
Altri addirittura attribuivano alla Tv la responsabilità di tante bronchiti, specialmente dei bambini che guardavano i programmi seduti sul pavimento e in locali poco riscaldati.
Pregiudizi di sinistra: la tv è democristiana
L’ostilità nei confronti della televisione era comunque dettata soprattutto da ragioni politiche. Molti militanti della sinistra calabrese consideravano la Rai al servizio dei partiti di governo e della Democrazia Cristiana. A parte alcuni programmi di carattere culturale e d’informazione, il resto aveva lo scopo di addormentare le coscienze e distrarre il pubblico dai problemi della quotidianità.

Pregiudizi cattolici: la tv è libertina
Anche numerosi cattolici osteggiarono la televisione perché erano preoccupati che il piccolo schermo potesse veicolare una cultura consumistica e libertina.
Alcuni parroci si fecero promotori di proteste contro il carattere licenzioso di trasmissioni come quella in cui le gemelle Kessler con le gambe scoperte ballavano il Dadaumpa.
La giornalista cosentina: tv scema e conservatrice
Molti, invece, lamentavano che la Tv proponeva ideali e valori conservatori. Nel 1957 la Baronessa scalza, curatrice cosentina della rubrica Schermi e teleschermi, trovava ridicolo il balletto La belle époque, trasmesso in televisione.

Le danzatrici indossavano gonne e mutandoni lunghi e facevano inchini e mossette in modo da apparire più delle collegiali che ballerine del celebre locale parigino.
L’acuta e ironica giornalista, inoltre, criticava alcuni programmi televisivi dedicati ai bambini come C’era una volta, in cui Laura Solari narrava noiosissime e banali favolette e quelli in cui l’attore Cino Tortorella, pagliaccescamente travestito da mago, presentava un anacronistico programma di indovinelli a premio.
Anni’60: la televisione conquista le masse
Nei primi anni Sessanta, ogni perplessità nei confronti della televisione era svanita e anche le persone più ostili o incredule ne erano conquistate.
Con la Tv le famiglie non trascorrevano più le serate in casa ma uscivano per riunirsi nei bar, parrocchie, sezioni dei partiti e nelle case di chi possedeva un apparecchio per assistere a telequiz, commedie e programmi d’intrattenimento.
Guardare la televisione era un’occasione di svago e di socializzazione anche al di là del contenuto delle trasmissioni.
La semplicità e l’immediatezza delle immagini televisive sembravano inoltre conformarsi alla mentalità di gran parte della popolazione. A differenza della radio e del cinema, la televisione proponeva un universo dove la realtà si convertiva in magia e la magia in realtà.
La tv entra nelle case
Come osserva Cazeneuve, i telespettatori, in fondo, percepivano tale distorsione del reale, ma, simili ai personaggi del mito della caverna di Platone, finivano per amare quel teatrino d’ombre, perché in tal modo evitavano la dura quotidianità, filtrandola e convertendola in spettacolo.

Col passare del tempo il televisore entrò in tutte le case. Possedere un apparecchio televisivo costituiva motivo di orgoglio e prestigio sociale. A chi lo acquistava, amici e parenti portavano la “stimanza” in segno di augurio: di solito una bottiglia di liquore, un pacco di zucchero o caffè.
Il televisore era considerato parte integrante dell’arredamento ed era posizionato nel luogo più bello e spazioso. Le donne, addirittura, confezionavano un apposito «vestito» che serviva per proteggerlo dalla polvere.
Con il diffondersi degli apparecchi televisivi scomparvero i gruppi d’ascolto nei locali pubblici e nelle sedi politiche che avevano caratterizzato gli esordi. Ogni famiglia aveva il proprio apparecchio e i programmi Rai sempre più dettavano i ritmi della giornata e del tempo libero.
A ciascuno il suo programma
Le donne seguivano assiduamente gli sceneggiati, eredi diretti dei fotoromanzi, ancora diffusi e apprezzati dal pubblico femminile.
Gli anziani, invece, amavano soprattutto le trasmissioni come di padre Mariano, del professore Cutolo e del maestro Alberto Manzi.
I bambini, infine, vedevano la Tv dei ragazzi e soprattutto telefilm come Rin Tin Tin, il cane lupo simpatico e intelligente amico di Rusty, un orfanello accolto dal Settimo cavalleggeri di stanza a Fort Apache.
Ma Carosello conquista tutti
La trasmissione che conquistava tutte le generazioni era Carosello.
Preceduti dal suono di trombe e mandolini, gli sketch di Carosello, della durata di un paio di minuti, erano piccoli film girati da noti registi e interpretati da attori famosi. Quelle celebri scenette in bianco e nero aiutavano a dimenticare gli anni della guerra e condensavano sogni e speranze della povera gente.

Spettacolo nello spettacolo, televisione nella televisione, Carosello era un palcoscenico di divi che diventavano persone tra le tante e la cui fama si stemperava nella quotidianità.
I ricordi di coloro che ho intervistato erano molto vaghi sui programmi televisivi. Ma quando si parlava di Carosello, leggevo sui volti contentezza: tutti ricordavano con sorprendente precisione prodotti pubblicizzati, musiche, attori e battute.
Padrona televisione
La televisione cambiava i modi di vita e le abitudini dei calabresi molto più di quanto non avessero fatto radio e cinema.
Appena nata, pochi credevano nelle sue potenzialità, ma ben presto fu evidente che nessuno dei media esistenti aveva le sue capacità.
Fin dalle prime trasmissioni, appariva chiaro che la Tv era un mezzo molto forte e pervasivo: non strumento in mano agli uomini, ma uomini ridotti a suo strumento.
Gli spettatori diventavano semplici clienti che valevano non per quello che erano ma per quello che consumavano. La televisione delineava una visione del mondo in cui la merce avrebbe assunto un valore assoluto e gli oggetti pubblicizzati avrebbero dominato i desideri e l’immaginario.