di Tommaso Scicchitano
C’è un’energia antica, in Calabria, che scorre sotterranea. È la forza delle fiumare, quei corsi d’acqua selvaggi che per mesi sembrano dormire sotto il sole, per poi gonfiarsi d’impeto e ridisegnare il paesaggio, trascinando con sé tutto ciò che incontrano. Per capire la parabola di Francesca Immacolata Chaouqui, bisogna forse partire da qui, dalle radici affondate in quella terra, da padre franco-marocchino e madre italiana. La giovane donna ora è indagata per “traffico di influenze” e per aver indotto il cardinale Becciu a commettere i reati. Per quei reati il cardinale fu condannato e dunque inibito a partecipare al conclave che ha eletto il nuovo Papa

Le sue radici tra il Marocco e la Calabria
Da quel mondo di silenzi antichi e orizzonti familiari, dopo una laurea in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma , è partita una ragazza che portava in sé la tenacia della ginestra, capace di fiorire sulla roccia più aspra, e l’ambizione di chi sa che l’unica via d’uscita è guardare oltre la montagna. La sua non è stata una semplice migrazione verso Roma. È stata una scalata, condotta con la pazienza del contadino e l’astuzia del predatore. Ogni contatto, ogni stretta di mano, diventava un appiglio: dallo Studio legale Orrik , alla Ernst &Young dove il suo compito, ironia della sorte, era comunicare che il potere economico del Vaticano stava diventando “costruttivo, positivo e trasparente”. Un percorso che, secondo alcune cronache, avrebbe incrociato persino l’ombra lunga di Giulio Andreotti.

Da San Sosti agli studi legali più prestigiosi, fino al potere
Quando, nel luglio 2013, il suo nome risuonò sotto le volte della Basilica di San Pietro, molti si chiesero chi fosse questa giovane donna calabrese. Era l’unica italiana, l’unica donna e l’unica sotto i 50 anni in una commissione chiamata da un Papa a fare ordine nelle finanze più segrete del mondo. Papa Francesco stesso ammise in seguito di non essere del tutto sicuro di come fosse entrata nella commissione, ipotizzando una segnalazione di Monsignor Balda. Non compresero che in lei non c’era la levigata diplomazia dei salotti, ma la schiettezza a volte brutale della sua terra, unita a un legame familiare con l’interno delle Mura Leonine, dato che suo marito, Corrado Lanino, era un informatico con pregressa esperienza lavorativa in Vaticano.
L’unica donna in una commissione strategica
La nominarono membro della COSEA, con il compito ufficiale di “analizzare i sistemi di comunicazione e progettare un sistema organico e coordinato” per la Santa Sede (11), e lei divenne il centro di un vortice. L’hanno chiamata in tanti modi: “La Papessa”,che scoperchiava il vaso di Pandora dei segreti vaticani.

Lo scandalo Vatileaks
Lo scandalo Vatileaks 2 fu la piena della fiumara. Documenti, password – Balda ammise di averne passate 87 a un giornalista – veleni. Un’aula di tribunale vaticano trasformata in un teatro di odi e accuse, in un’atmosfera definita “detestabile” , dove la sua alleanza con Monsignor Balda si era tramutata in una “faida” moderna. E lei, al centro, incinta, che alternava la rabbia alla fragilità. Alla fine, fu assolta dall’accusa di aver passato materialmente i documenti, ma condannata per concorso morale: per aver, secondo la Corte, agevolato la divulgazione presentando i giornalisti a Balda, organizzando incontri e creando così l’opportunità per la commissione del reato.

La giovane calabrese è accusata di falsa testimonianza
Ma le fiumare, anche quando l’acqua si ritira, lasciano un segno indelebile. E Francesca non è scomparsa. Si è reinventata, ha cavalcato i media. È riapparsa come un’ombra nell’ultimo, grande processo vaticano, quello contro il Cardinal Becciu, con nuove, pesanti accuse a suo carico: traffico di influenze, falsa testimonianza e subornazione. Avrebbe manovrato testimoni chiave, sussurrato parole in orecchie cruciali, forte di un presunto rancore verso il Cardinale, che riteneva responsabile della sua precedente incriminazione, e con la persistente affermazione di possedere ancora gli archivi della COSEA , un tesoro di informazioni che aleggia come un’ombra.

Una storia calabrese: da un piccolo paese all’ambiguità del potere
La sua è una storia profondamente calabrese. È la storia di un’intelligenza feroce che non accetta i confini imposti. È il racconto di un’ambizione che diventa, per chi la osserva, a tratti ammirevole e a tratti spaventosa. È l’eterno dilemma di una terra che genera talenti capaci di scalare il mondo, ma che portano sempre con sé un’eredità di fierezza indomabile che, fuori dai confini natii, viene spesso letta come arroganza, o come un pericolo da neutralizzare.
Riformatrice o avventuriera? Whistleblower o opportunista? Forse, Francesca Chaouqui è semplicemente il riflesso di una Calabria che non si rassegna a rimanere ai margini dell’Impero. Una forza della natura che, nel bene e nel male, ha dimostrato che persino le mura più antiche e spesse, quelle del Vaticano, possono tremare di fronte all’impeto di una fiumara che scende inarrestabile dal Pollino.