di Paola Sammarro, fondatrice e Ceo del “Centro ostetrico Io Calabria”
La bella notizia è che a partire dal 2025, prenderà il via il progetto pilota “Discutiamone a scuola” o meglio conosciuto come “arriva lo psicologo a scuola, la Calabria prima Regione italiana ad avere lo psicologo tra i banchi scolastici”. Sviluppato d’intesa con l’ufficio scolastico regionale e con l’ordine regionale degli psicologi della Calabria, il progetto prevede un finanziamento di nove milioni di euro con un importo annuale di tre milioni di euro e l’occupazione per ciascun psicologo impiegato Asp, di 36 ore settimanali. Il totale delle scuole coinvolte è di 285 (quindi copre tutta la Calabria o alcune zone saranno come sempre più marginalizzate?)
Come la Regione Calabria intende prendersi carico della salute mentale dei più giovani?
Intanto, prima di iniziare a riflettere su questo argomento è bene mettere subito a fuoco alcuni aspetti: Si tratta di un progetto utilissimo, per i ragazzi, per le famiglie, per gli educatori, utile a far conoscere la figura sanitaria dello psicologo (e meno conosciuta di quello che sembra) e abbattere lo stigma e il pregiudizio verso le problematiche psicologiche (di cui non conosciamo niente) e la derisione di chi sceglie di farsi aiutare e curare. Tuttavia non pare un progetto strutturato e non serve né a colmare il vuoto sanitario che riguarda la neuropsichiatria infantile, né offre una reale presa in carico a lungo termine.

Problematiche che esigono continuità
Sottolineo questi due aspetti perché è importante tenere in considerazione che non tutte le problematiche psicologiche, in questo caso adolescenziali, possono essere risolte con qualche colloquio scolastico, poi interrotte durante le festività e soprattutto –cosa da non dimenticare in una Regione come la Calabria – rimandate ed elaborate (senza ulteriore sostegno) in famiglia.
In Calabria manca una rete di sostegno a chi ha una problematica psicologica e spesso anche psichiatrica, che va gestista e monitorata in equipe multidisciplinare sanitaria: con psicologo e psichiatra quando la situazione è gestibile a casa, ma quando la situazione è più complessa, servono a supporto servizi sociali, Asp, asl e comunità terapeutiche. Ecco che il progetto pilota “Discutiamone a scuola” diventa una goccia nel mare (agitato).

La Calabria ha il più alto tasso di disagio giovanile
Il disagio giovanile in Calabria si manifesta con la percentuale più alta d’Italia per cyberbullismo (14,5%), un’elevata incidenza di uso problematico di social network (13,5%) e videogiochi (24%) e la depressione che si attesta a 43,2 per 10mila abitanti tra le ragazze e 25,4 per 10mila tra i ragazzi (tra i più alti d’Italia). La depressione ad esempio non ci cura con la “buona volontà di mamma e papà” e non passa di punto in bianco, serve un approccio multidisciplinare. Ciò significa coinvolgere diversi professionisti sanitari e non che possano intervenire sia sul piano individuale sia su quello familiare, con l’ausilio non solo di attività e laboratori di gruppo, ma anche di centri diurni e strutture psichiatriche ed educative residenziali. Che in Calabria sono assenti o a carico della famiglia.
Mancano un progetto pilota e un punto di primo soccorso
Quello che non si dice è che le famiglie di chi ha una problematica inerente alla salute mentale è abbandonata a se stessa. Soprattutto in una Regione dove non esistono strutture psichiatriche per bambini e adolescenti, dove ragazzi e ragazze vengono trasferiti lontano, fuori regione, strappati alla propria famiglia, sradicati dal proprio contesto. Se va bene. Perché altrimenti restano nel buio e in solitudine.
Le comunità terapeutiche in tutta Italia sono sempre poche, con liste d’attese lunghissime e con dei costi che non sempre la Regione Calabria riesce a sostenere e/o a mantenere nel tempo. Perché ricordiamolo nuovamente: queste problematiche mutano, si evolvono, sono a tratti feroci, altre volte più mansuete. Ma stanno lì spesso anche per anni. E quindi le persone coinvolte, che non hanno mezzi propri per rivolgersi ai privati, restano – fuori dalla scuola – senza cure adeguate.

In Calabria non c’è neuropsichiatria infantile
In tutta la Calabria ancora non c’è un reparto di neuropsichiatria infantile che sia realmente funzionante con il pronto soccorso, che sappia trattare tempestivamente un tentato suicidio, autolesionismo, disturbo del comportamento alimentare. Problematiche che andrebbero immediatamente prese in carico dal pronto soccorso di psichiatria infantile e successivamente gestite in reparto. Invece in Calabria se finisci al pronto soccorso per una delle problematiche elencate, se va bene, dopo un primo intervento di rianimazione, una lavanda gastrica, giaci per un po’ in pediatria e “poi vediamo”.

I disturbi mentali diffusissimi tra bambini e adolescenti
I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Unicef ci dicono che almeno il 10% dei bambini e il 20% degli adolescenti presentano un disturbo mentale, numeri che si sono amplificati durante la pandemia. Purtroppo molte regioni non sono attrezzate per affrontarle, in tutta Italia, ci sono solo poco meno di 400 posti letto dedicati alla neuropsichiatria infantile e ci sono regioni, tra cui la Calabria, dove non ci sono posti letto (Con il Decreto Commissariale 202 del 16 aprile 2025, l’Azienda Ospedaliera Universitaria (AOU) “Dulbecco” di Catanzaro ha dato il via all’attivazione di 10 posti letto nella Sezione di Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza, ma al momento non risulta ancora attiva), questo significa che ragazzi che tendono al suicidio o hanno disturbi del comportamento, devono trasferirsi per poter ottenere le cure adeguate e… non possono andare a scuola.

