Gli spazi culturali e, più in particolare, i teatri pubblici dell’area urbana di Cosenza e provincia sono in massima parte disabitati. Non sono vissuti e utilizzati dagli artisti e operatori culturali del territorio, se non per sporadiche rappresentazioni o periodi molto limitati. Una stranezza che bisognerebbe correggere. Nonostante negli ultimi dieci anni ci siano stati dei tentativi di modificare questa situazione – un esempio è rappresentato dalle residenze teatrali – la gran parte di questi percorsi ha avuto durata breve, perché legati a episodici bandi regionali, agli avvicendamenti di sindaci e amministratori locali, agli umori di dirigenti della cosa pubblica.
I teatri disabitati di Cosenza
Come dare un’abitazione agli artisti e gli operatori culturali del territorio nei teatri pubblici disabitati? Come possono questi artisti allestire gli spettacoli? Organizzare e gestire laboratori, corsi di formazione? Organizzare e gestire rassegne e festival? Programmare stagioni? Come entrano nei teatri gli artisti e gli operatori culturali per fare ciò che si solitamente si fa nei teatri? Qualcuno potrebbe rispondere: pagando! Ma chi potrebbe permettersi di sostenere le spese di gestione di un teatro come il Rendano per dar vita ad un organismo di produzione e programmazione?

La questione dei “teatri disabitati” che devono essere “abitati” è fondamentale, il ritornello continuo di ogni possibile discorso sui luoghi della cultura, comprendendo ovviamente la musica, la danza e le arti della performance in senso ampio. Per “artisti del teatro” chiaramente ci si riferisce a quanti, professionalmente e con continuità, si occupano di prosa, lirica, musica sinfonica, danza e arti performative.
La grande crisi
Ma veniamo agli spazi teatrali pubblici cosentini: l’ultracentenario Rendano, per lungo tempo unico “teatro di tradizione” in Calabria, ha avuto negli ultimi 20 anni una dotazione economica via via sempre più piccola, fino a diventare di fatto inesistente. Nonostante il conclamato stato di crisi delle casse comunali è questa una condizione che la nuova amministrazione dovrebbe affrontare con risolutezza, con un impegno forte. Dove reperire i fondi per il suo corretto funzionamento? Come intercettare i finanziamenti del Ministero della Cultura e della Regione Calabria?*

Poi c’è il Teatro Italia-Tieri, edificio che nel tempo è stato utilizzato nei modi più disparati. Non c’è mai stato su questo luogo un progetto preciso per l’utilizzo. Da qualche parte ho letto che la passata giunta comunale avrebbe emanato un bando per affidare il Tieri ad una gestione esterna. Non sono a conoscenza dell’eventuale esito di questa iniziativa. Di sicuro c’è che sulle sue scale esterne hanno trovato alloggio due clochards. Almeno è casa per qualcuno.
Area urbana e spazi culturali
Il teatro Morelli, già sede del defunto Consorzio Teatrale Calabrese la cui dipartita per fallimento risale ormai a oltre 30 anni fa, giace anch’esso chiuso, tornato di proprietà privata. Ci sono poi altri spazi, ma forse è meglio non allargare troppo il discorso. Giusto come promemoria cito il piccolo teatro all’interno del Cubo Giallo della Città dei Ragazzi, le sale della Casa delle Culture, i BocsArt…
È accettabile questa situazione? Che senso hanno queste porte chiuse? Come restituire questo patrimonio alla vita della comunità?

Non è più eludibile la progettazione di nuove forme di gestione per i teatri ed eventualmente per gli altri spazi culturali. E girando lo sguardo verso nord ci sarebbe pure da affrontare la condizione nella quale giacciono i due teatri dell’Università della Calabria. Il discorso, però, si farebbe davvero troppo complesso. Eppure sempre di area urbana Cosenza-Rende si parlerebbe.
Una fondazione per il Rendano
Ma restando a Cosenza e focalizzando l’attenzione sul meraviglioso Teatro Rendano, cosa si potrebbe fare? Da tempo ormai, varie voci si sono levate parlando dell’opportunità di dar vita ad una fondazione pubblico-privata per la sua gestione. È vero, potrebbe essere opportuna una configurazione giuridica autonoma dal Comune. Intendiamoci: il Rendano deve restare “pubblico”.
Ma una Fondazione di emanazione comunale adeguatamente sostenuta dalla Regione Calabria e da soggetti privati (con percentuali tutte da studiare), potrebbe essere una strada percorribile per dar vita ad un’ente con un Consiglio d’Amministrazione snello, capace di dotarsi di una direzione artistica che possa operare con il supporto di un adeguato staff organizzativo e gestionale. Un organismo siffatto avrebbe la necessaria autonomia per procedere all’istituzione di una orchestra e/o di una compagnia di prosa stabile.
Una scatola vuota da rilanciare
La stabilità teatrale, quando è ben amministrata, è un modo per calcolare i costi di gestione con oculatezza e per garantire la qualità artistica media. È del tutto evidente la necessità di far camminare insieme progettazione culturale, gestione organizzativa e visione artistica. Un teatro altrimenti resta una scatola vuota, più o meno bella e ben tenuta, da aprire saltuariamente per ospitare eventi che il più delle volte non lasciano niente al territorio, episodi effimeri di mero intrattenimento che non incidono sulla trasformazione culturale.

La creazione di una Fondazione per la gestione e la nascita di un organismo artistico stabile all’interno non deve apparire come un’utopia, ma una concreta possibilità di rilancio, è un’idea di futuro. D’altra parte cos’altro si potrebbe fare? Quali le altre strade percorribili per uscire da questa condizione di eterno stallo?
Questa sarebbe la vera rivoluzione di cui il teatro calabrese ha bisogno per diventare finalmente adulto, proprio ora, proprio adesso, quando ancora la pandemia non è finita e nel cuore dell’Europa arde una guerra, proprio adesso c’è bisogno di agorà, di centri culturali che abbiano la giusta dimensione per farsi carico della complessità del presente.
Dai teatri a Cosenza hub creativo
Bisognerebbe lavorare quindi per la costruzione di un’ente, inizialmente sperimentale, che possa ambire nel giro di qualche anno (3/4?) ad accedere ai finanziamenti ministeriali. Non dico di puntare a far diventare il Rendano un Teatro Nazionale**, perché servirebbero economie da far tremare i polsi, ma con un giusto investimento da parte degli enti territoriali sarebbe plausibile, nel medio periodo, puntare ad ottenere il riconoscimento come TRIC** (Teatro di Rilevante Interesse Culturale).
L’obiettivo di lungo termine di un organismo istituzionale del genere sarebbe di perseguire un equilibrio tra la valorizzazione delle risorse culturali del luogo (sì, il genius loci è importante!) e il continuo confronto con la produzione artistica nazionale e internazionale. E accanto a questo si dovrebbe delineare un sistema integrato che sia di luoghi, ma soprattutto di progetti socio-culturali innovativi per incidere sullo sviluppo di un’area vasta: la città di Cosenza come naturale baricentro culturale di tutta la provincia. Un “hub creativo” che possa sperimentare in più direzioni nuove modalità produttive, di programmazione, di relazione, di promozione, di formazione del pubblico e degli operatori del settore.
Istituzioni e operatori allo stesso tavolo
Come perseguire questo obiettivo? Non ci sono ricette preconfezionate, bisogna essere pieni di dubbi e domande, consapevoli della complessità che un progetto del genere prevede. Ma l’apertura di un tavolo di lavoro, con la partecipazione degli amministratori comunali e degli operatori culturali del territorio, potrebbe essere il viatico per l’inizio di una stagione nuova.

Attraverso un confronto certamente lungo e difficile, si potrebbero individuare i passi da compiere per dotare il nostro territorio di uno strumento che manca da troppo tempo.
Diversamente ci si limiterà a continuare con la pratica degli eventi saltuari e si andrà avanti vivacchiando, tirando a campare, lasciando i nostri teatri e luoghi culturali pubblici vuoti e disabitati per la maggior parte del tempo.
Ernesto Orrico
* La nuova amministrazione ha annunciato, nelle scorse settimane, una collaborazione con il Conservatorio di Cosenza per partecipare ad un bando ministeriale che prevede la costituzione di un’orchestra.
** Teatro Nazionale e TRIC sono categorie ministeriali, così come i Centri di Produzione e i Circuiti Teatrali. In Calabria, allo stato attuale, nessun organismo o ente è riconosciuto, attraverso queste categorie, dal Ministero della Cultura.