Rende: Malara, Manna e l’isola che non c’è

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Egregio Direttore, mi riferisco a vari articoli apparsi sul suo giornale che hanno avuto ad oggetto l’urbanistica della città di Rende e, in particolare, ad un suo editoriale, dove Lei riconosce che Sandro Principe, unitamente ai suoi collaboratori, a partire dal 1980, ha «cambiato il gioco» nel governo del territorio. Pur evitando di giudicare se il nuovo gioco fosse «giusto o sbagliato», riconosce però che esso è risultato «redditizio per Rende».

Un gioco redditizio

Mi soffermo sul termine «redditizio», perché esso va ben oltre l’allocuzione «nell’interesse», che già mi avrebbe molto gratificato, poiché se un sindaco riesce a fare cose redditizie per la comunità che rappresenta vuol dire che ha fatto ampiamente il suo dovere. Dispiace constatare che l’architetto Empio Malara non riesca a farsi una ragione che l’attuale assetto urbano di Rende è tutt’altra cosa rispetto a quello disegnato con il suo piano regolatore redatto circa sessant’anni fa.

Il Malara milanese aveva concepito una periferia, un dormitorio di lusso, un “non luogo”, senza punti di riferimento. Noi, come Lei acutamente ha osservato, abbiamo cambiato il gioco e abbiamo disegnato e costruito una città ricca di infrastrutture civili, sociali, religiose, scolastiche, culturali, commerciali, economiche e del tempo libero, centinaia di opere non previste dal Piano di Empio Malara. Mentre Malara si dedicava all’esercizio della sua professione a Milano, noi osservavamo e studiavamo la realtà ed i tempi che cambiavano. Ed abbiamo così realizzato una città di sosta, costitutiva dell’area urbana, che senza la “nostra” Rende” non esisterebbe.

Malara su Rende? Un conservatore

Malara cerca di nascondere dietro la grande figura di Cecchino Principe il suo conservatorismo, che lo ha reso incapace di comprendere che non si erano verificati i presupposti (l’industrializzazione a nord e l’esercizio del ruolo guida della città di Cosenza) su cui si basava la programmazione degli anni ’60 del ventesimo secolo. Si aggiungano, inoltre, gli effetti sul territorio della imprevista (dal Malara) presenza dell’Unical, che incominciarono a farsi sentire nei primi anni Ottanta. Mio padre, che era una persona intelligente ed un riformista, non si impiccò sul vecchio schema e seguì con interesse e soddisfazione il nostro lavoro. Mai ha pronunciato una parola di dissenso, ma sempre giudizi ricchi di apprezzamento.

Il Malara, forse su suggerimento di qualche ex politico di passaggio, oppure perché ormai estraneo al nostro territorio cosentino che non vive da decenni, afferma con leggerezza che Sandro Principe ha fatto di Rende «un’isola di 35.000 studenti e 35.000 abitanti». Intanto, si osserva che il Malara ci fa, senza rendersene conto, un complimento, perché non è certamente poca cosa amministrare una città con 70.000 utenti da servire con i trasferimenti governativi rapportati a 35.000 abitanti.

Il territorio circostante

Inoltre, con il suo dire evidenza di vivere in un’altra epoca, giacché dimostra di ignorare tutte le grandi infrastrutture che integrano Rende con il territorio circostante, dal ponte De Luca, che unisce Roges a via Cosmai, dallo svincolo dell’Unical che la collega alla SS 107, dal viale Francesco e Carolina Principe alla 19 ter, con i ponti sull’ Emoli e sul Surdo, che delimitano la camera urbana, dalla strada Santa Chiara-Settimo, che ha permesso di unire le zone industriali di Rende e Montalto, al prossimo svincolo di Settimo dell’autostrada del Mediterraneo, tutte opere non previste dall’architetto meneghino; a voler tacere della metro CS/UNICAL fatta fallire dal duo Occhiuto-Manna.

Rende, Malara e l’isola che non c’è

Altro che «isola»! Abbiamo costruito un pezzo di città degna di questo nome al centro dell’area urbana di Cosenza, collegandola con il contesto territoriale, ponendo così le basi per la città unica Cosenza-Rende, di cui diffusamente parleremo in un prossimo scritto.
L’Empio oggi si sofferma sulla città unica basata sulle eccellenze rappresentate dal centro storico di Cosenza e dall’Unical, copiando il piano di sviluppo del PIT n. 8 “Serre Cosentine”, titolato “CORE”, elaborato durante la presidenza di Sandro Principe, con il sostegno di Giacomo Mancini e, successivamente, di Eva Catizone.

E, a scanso di equivoci, è utile ricordare che l’immenso patrimonio di verde di cui gode Rende, città parco, è stato impiantato quasi per intero dal Comune a partire dagli anni ‘80, quando il Malara si era allontanato dalla nostra città, avendo egli privilegiato il giardinetto di condominio, peraltro ostativo delle attività commerciali, con le recinzioni nemiche della socialità.

Cosenza e il ruolo di Manna

Debbo per ultimo, stigmatizzare i curiosi consigli dati dal Malara al sindaco di Rende. Passi per il suggerimento di spostare nel centro storico di Cosenza pezzi di Unical, operazione non fattibile funzionalmente e statutariamente, perché un Ateneo residenziale con organizzazione dipartimentale non è smontabile per far piacere ad interessate visioni; ma arrivare a suggerire all’avvocato Manna cosa egli dovrebbe fare per recuperare Cosenza storica mi sembra istituzionalmente irrispettoso per gli attuali reggitori del Comune di Cosenza.

Non una parola di critica, invece, al piano Manna-Francini, che se approvato ed attuato sconvolgerà l’assetto urbano della nostra città; anzi, durante la discussione in consiglio comunale per il conferimento al Malara della cittadinanza onoraria, abbiamo ascoltato, con grande meraviglia, parole di incoraggiamento.

Sandro Principe

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