Il rischio che si faccia un enorme buco nell’acqua è direttamente proporzionale alla banalità della battuta. La questione è però molto seria: se le risorse idriche calabresi entro il prossimo 30 giugno non verranno affidate a un soggetto gestore c’è la contreta possibilità che non solo la Regione Calabria, ma anche tutte le altre Regioni italiane, perdano l’opportunità di utilizzare i finanziamenti europei destinati al settore: dal Pnrr ai fondi Ue 2021/2027 fino alla riprogrammazione del React Eu. Un potenziale disastro.
Quattro regioni mancano all’appello
Per la fine di giugno è infatti fissata la deadline per l’affidamento a regime del Servizio idrico integrato e, a livello nazionale, l’Italia deve garantire alcune «condizioni abilitanti». Che mancano, o sono solo parzialmente soddisfatte, per 4 Regioni: Molise, Campania, Sicilia e, appunto, Calabria. Le condizioni abilitanti sono i pre-requisiti che gli Stati membri devono soddisfare per poter fruire dei fondi europei. Il dipartimento per le Politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri specifica che «affinché la singola condizione possa ritenersi soddisfatta, è necessario che l’adempimento copra la totalità dei criteri previsti e, per alcune condizioni abilitanti, la copertura dell’intero territorio».
Conseguenze per tutti
È proprio il caso del Servizio idrico. «Eventuali carenze, anche parziali in ordine a specifici criteri o ambiti regionali, non permetterebbero di asseverare la condizione come soddisfatta, con conseguenze penalizzanti per l’intero Stato membro». Dunque le spese collegate all’obiettivo specifico, benché certificabili, non potrebbero essere rimborsate allo Stato membro «per quanto riguarda la quota Ue, finché l’adempimento non sia certificato dalla Commissione». La Calabria sconta un pesante ritardo verso l’individuazione del soggetto gestore unico previsto dalla normativa nazionale (D.lgs. 152/2006) e regionale (l. r. 18 del 18 maggio 2017).
In attesa del servizio idrico integrato
L’affidamento della gestione del servizio idrico integrato, che è una condizione abilitante per usufruire dei finanziamenti europei, spetta per legge all’ente di governo d’ambito, ovvero l’Autorità idrica calabrese in cui sono rappresentati i Comuni. L’Aic nei mesi scorsi ha indicato una strada: l’affidamento a una società, creata sulle ceneri della “Cosenza Acque”, che si dovrebbe chiamare “Acque Pubbliche della Calabria”, un’Azienda speciale consortile in cui dovrebbero entrare, come soci, tutti i 404 Comuni calabresi ed eventualmente altri enti pubblici.

Sorical fino al 2034?
Sorical ha la concessione della grande adduzione dell’acqua fino al 2034. È una partecipata al 53,5% dalla stessa Regione e per la restante quota è in mano privata. Nel tentativo – in corso da quasi un anno e a un decennio dalla messa in liquidazione – di essere ripubblicizzata, si ritrova alle prese con le condizioni poste dal suo principale creditore. Si tratta di una banca irlandese di cui abbiamo scritto che ha ceduto i suoi circa 85 milioni di euro di crediti a un Fondo governativo tedesco.
Che, stando a quanto riportato dalla Gazzetta del Sud domenica scorsa, pare si stia mettendo di traverso. Dunque, da un lato, se non si supera questa impasse non si può affidare l’intero servizio a Sorical. Ma anche la soluzione, pur indicata come provvisoria, di affidare solo la fornitura al dettaglio alla nuova “Acque Pubbliche della Calabria”, lasciando l’ingrosso alla società mista le cui quote private sono pignorate dai tedeschi, sembra essere altrettanto irta di ostacoli.

Chi metterà i soldi?
L’Aic sta sottoponendo ai Comuni, illustrandole negli incontri delle Conferenze territoriali di zona, le delibere da approvare in consiglio comunale per entrare nella nuova società. Ben pochi però finora lo hanno fatto. Si sta tentando pure la strada dei Contratti di rete, ma i comprensibili dubbi dei sindaci, soprattutto relativi al «chi ci metterà i soldi», si moltiplicano. Così il cronoprogramma iniziale, che prevedeva di arrivare ad avere un Piano industriale entro metà febbraio, e all’affidamento definitivo del servizio il 18 marzo, è già ampiamente non rispettato.

La multiutility di Occhiuto
In mezzo c’è la Regione che, secondo quanto va ripetendo da tempo il presidente Roberto Occhiuto, punta a creare un’unica «multiutility» per gestire tutto: la fornitura dell’acqua dalla captazione fino ai rubinetti delle case, ma anche la depurazione e la riscossione delle bollette. Il tempo però stringe e in pochi mesi è difficile creare un simile soggetto. Le alternative sono due: rendere Sorical pubblica, ma bisogna pagare almeno 85 milioni di euro di debiti e potrebbe anche non bastare. La seconda possibilità è rendere operativa la “Acque pubbliche della Calabria”. Ma servirebbero risorse e personale che al momento non esistono.
Tra Manna e Calabretta spunta Occhiuto
Entrandoci, infatti, i Comuni dovrebbero versare 1 euro per ogni abitante nell’arco di tre anni. Poca cosa. I vertici dell’Aic stanno dunque cercando di interloquire con Utilitalia (Federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici rappresentandole presso le Istituzioni nazionali ed europee) per la redazione del Piano industriale. C’è poi il tentativo di trovare un sostegno economico da parte del Ministero, ma senza l’appoggio politico-istituzionale della Regione è dura.
Sì, perché dalla Cittadella – che potrebbe anche entrare in “Acque pubbliche” come socio – non pare sia arrivato al momento alcun segnale di accompagnamento a questo percorso, che pure lo stesso Occhiuto aveva detto di voler intraprendere in via provvisoria per non perdere i fondi del Pnrr. È chiaro, allora, che tutto è subordinato a una partita politica: da un lato c’è l’Aic guidata dal sindaco di Rende e presidente di Anci Calabria Marcello Manna, dall’altro Sorical guidata dal leghista Cataldo Calabretta, in mezzo Occhiuto. Che vorrà certamente avere un ruolo di primo piano anche in un settore decisivo come questo.

I Comuni nella Sorical
Intanto va detto che la via che porterebbe all’affidamento del servizio a una Sorical interamente pubblica non potrebbe essere percorsa se non mettendo dentro anche i Comuni, perché senza di loro non si può esercitare il controllo analogo previsto dalla gestione in house. Gli stessi Comuni, rispetto alla società “Acque pubbliche della Calabria”, sono d’altronde alle prese con una scelta che appare forzata, perché la legge 233/21 prevede, sostanzialmente, la possibilità dell’ente d’ambito di commissariare le gestioni in economia. Che in Calabria sono attualmente la quasi totalità, con i risultati che conosciamo.
Chiare, fresche e dolci Acque pubbliche
Se diventasse operativa la “Acque pubbliche”, che avrebbe sede legale a Cosenza, si instaurerebbe un rapporto di tipo negoziale con Sorical che, come avviene anche oggi, avrebbe competenza fino ai serbatoi comunali. Gli organi della nuova società sarebbero l’Assemblea composta da tutti i Comuni e gli enti pubblici coinvolti, il Consiglio di Amministrazione (composto da quindici membri, compreso il presidente, in rappresentanza delle cinque Province e delle diverse fasce di popolazione), il direttore (che, come il Cda, verrebbe nominato dall’Assemblea) e il collegio dei revisori dei conti.
I crediti della Sorical
I problemi storici però resterebbero immutati nella loro gravità. Sorical, nel bilancio 2020, ha inserito alla voce «crediti verso clienti» una somma di 96,5 milioni di euro (31 sarebbero dovuti dalla fallita Soakro, 14 dalla Lamezia Multiservizi, 13,9 dal Comune di Cosenza, 3,3 da Congesi). Nel bilancio di previsione approvato a fine anno dalla Regione, per rischi connessi alla riscossione delle somme relative al servizio idropotabile, vantati nei confronti dei Comuni in dissesto e predissesto e degli enti che non hanno sottoscritto piani di rateizzazione o accordi con la Regione, sono stati previsti 69,7 milioni di euro. I debiti maturati dai Comuni verso la Regione fino al 2004, anno in cui è stata creata Sorical, restano tra le «criticità rilevanti ancora irrisolte».

L’evasione dei comuni
Secondo quanto dichiarato negli anni scorsi dagli stessi vertici Sorical, il servizio idrico calabrese registrerebbe un’evasione del 50%, con punte del 70%. A novembre del 2020 l’attuale commissario Calabretta dichiarava che i Comuni dovevano versare ancora 160 milioni di euro «con i quali si potrebbero coprire i debiti della società», che oggi ammontano in totale a 188 milioni. D’altro canto negli anni molti Comuni hanno contestato la determinazione delle tariffe, questione rispolverata in questi giorni anche dal Codacons calabrese.
Perdite idriche pari al 52,3 %
Qualche altro dato può essere utile a comprendere la complessità del problema. Le regioni del Mezzogiorno fanno registrare il 52,3% di perdite idriche: più di metà dell’acqua immessa nei sistemi di acquedotto viene cioè sprecata, a fronte di una media nazionale del 43,7% (Relazione annuale Arera 2020). Circa 1 milione e 450mila famiglie meridionali subiscono interruzioni della fornitura idrica (Istat, 2020). Il 20% del territorio italiano è a rischio desertificazione (Anbi, 2021).
La Calabria senza servizio idrico integrato
Secondo il governo nazionale la soluzione sta nelle gestioni industriali, che al Sud scarseggiano. Nel Pnrr sono individuate quattro linee di investimento e due riforme che hanno lo scopo di «garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l’intero ciclo».
A questo sono riservate complessivamente risorse per 4,38 miliardi di euro, di cui una quota intorno al 51% secondo il governo sarà indirizzata al Mezzogiorno (circa 2,2 miliardi di euro). Ma la Calabria non ha ancora il servizio idrico integrato né un soggetto gestore che possa intercettare e, come si usa dire molto in questo periodo, mettere a terra questi potenziali finanziamenti. Nonostante si tratti probabilmente dell’unica occasione per mettere mano a reti colabrodo risalenti a mezzo secolo fa.