Commissari e deficit, così la Calabria non riesce a guarire

Oltre un decennio di Piani di rientro e il disavanzo è aumentato. Diciotto ospedali pubblici chiusi, con i cittadini costretti a pagare tasse alle stelle, curarsi fuori dalla regione, rivolgersi ai privati. E l'ennesima strigliata della magistratura contabile sui bilanci ancora in attesa di approvazione

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In sede di rendicontazione generale della spesa regionale del 2021, ancora una volta, la Corte dei Conti ha sancito l’inadeguatezza della gestione del Servizio Sanitario Regionale della Calabria.  Tra i nodi cruciali, l’assoluta incertezza riguardo la modalità di impiego delle risorse e i risultati conseguiti dal servizio sanitario. La Regione infatti, negli anni non ha mai approvato il bilancio di esercizio consolidato in aperta violazione dell’art. 32 del d.lgs 118/2011.

La Sanità in Calabria? Piani di rientro e commissari

Dal 2010, il Sistema Sanitario Regionale è soggetto al Piano di Rientro dai disavanzi sanitari regionali e al commissariamento. Il meccanismo contabile che obbliga una Regione alla sottoscrizione del Piano di Rientro si innesca quando il disavanzo sanitario supera il cinque per cento della somma delle entrate sanitarie regionali (finanziamento statale + ticket). Oppure quando il disavanzo non supera il cinque per cento, ma la Regione non è in grado di garantirne la copertura con i mezzi che ha a disposizione.

Il Piano di Rientro ha potenzialmente due pilastri fondamentali: uno finanziario ed uno socio assistenziale. Da un lato si prevede l’ottenimento dell’equilibrio di bilancio e dall’altro si vigila al rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) costituzionalmente garantiti. Negli anni, il Governo ha nominato ben otto commissari ad acta per risanare la situazione, senza che mai nessuno ne sia venuto a capo.

Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto

L’attuale commissario è il presidente della Regione Roberto Occhiuto, nominato quasi contestualmente alla sua elezione nel 2021. Il commissario ad acta è responsabile dell’approvazione del bilancio di esercizio consolidato, deve determinare il disavanzo e adottare i necessari provvedimenti per il suo ripiano. Questa figura estromette di fatto il Consiglio regionale dalla gestione e dalla legislazione in ambito sanitario.

Mentre a Roma parlano, in Calabria gli ospedali chiudono

Fin dalla sua elezione Occhiuto ha dichiarato: «Sulla sanità mi gioco tutto». Poi, però, ha fatto qualche passo indietro minacciando di non sedersi più al Tavolo Adduce (dal nome della dirigente governativa che presiede le riunioni sul Piano di Rientro). Il motivo? «La sanità della Calabria ha bisogno di strutture ministeriali che ci aiutino, non di atteggiamenti pignoleschi e ragionieristici da parte di funzionari dello Stato».

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Striscioni di protesta davanti all’ospedale di Cariati (foto Alfonso Bombini)

I dodici anni di Piano di Rientro hanno ridisegnato profondamente la geografia della sanità calabrese con una serie di tagli, dismissioni e riconversioni. In questo contesto, nel 2011, si è predisposto il taglio orizzontale di diciotto ospedali di medio-piccole dimensioni che reggevano le aree interne della Regione. Questa scelta non ha tenuto conto delle condizioni orografiche del territorio, del fabbisogno sanitario della popolazione e dei tempi di percorrenza verso gli ospedali principali, a loro volta sull’orlo del collasso vista la sempre crescente affluenza di pazienti.

Deficit e blocco del turnover: così la Sanità in Calabria va a rotoli

Gli indicatori finanziari disponibili – seppur non esaustivi né definitivi – continuano a delineare una assoluta invarianza della spesa sanitaria regionale. Il deficit è in continuo aumento. In altri termini, la chiusura degli ospedali non ha sortito alcun beneficio finanziario. E col blocco del turnover il personale sanitario ed amministrativo è diminuito del 19% in dieci anni. Una bolla che continua a gonfiarsi.

Già nel 2020, la Corte dei Conti affermava che «l’analisi effettuata ha confermato, ancora una volta, come il deficit sanitario dichiarato sia totalmente inattendibile e probabilmente ampiamente sottostimato». Riguardo agli aspetti finanziari del Piano di Rientro risulta impossibile trarre giudizi positivi e definitivi. Si possono invece constatare le gravi criticità che pongono la Calabria abbondantemente al di sotto della soglia di adempienza dei LEA, con punteggi molto lontani rispetto alla media italiana.

E i cittadini pagano

Nel rilevamento 2019, il punteggio basso di 125 (la soglia è di 160), in peggioramento rispetto all’anno precedente, si deve soprattutto alle gravi carenze nell’area dell’assistenza sanitaria e all’insufficiente dotazione di posti letto. E così anche i cittadini, che già subiscono la privazione di un sistema sanitario adeguato, elargiscono di tasca loro sempre più risorse per curarsi. Le ragioni sono almeno tre: l’aumento forzato dell’addizionale IRPEF e dell’aliquota IRAP nella misura massima; l’emigrazione sanitaria verso altre regioni; il ricorso forzato, infine, alla sanità privata ed alle visite intramoenia. La Calabria, infatti, è tra le regioni d’Italia con maggiori difficoltà di accesso alla diagnostica strumentale.

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La Cittadella regionale

La Calabria spende poco e male per la Sanità

Uno dei problemi principali è che la Calabria spende poco e male. Delle tante risorse finanziarie (soprattutto comunitarie) destinate alla sanità, pochissime si trasformano in azioni concrete volte ad adeguare il sistema. Progetti come quello della Rete Case della Salute spesso migrano da una programmazione settennale alla successiva. E penalizzano il finanziamento di nuovi progetti.
A tal riguardo, anche la Corte dei Conti sottolinea che è necessario dare impulso ed accelerare tutto il processo di spesa per scongiurare la perdita di importanti e significative risorse.

Enrico Tricanico

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