Paviglianiti in manette: chi è il principe della coca con 6 cellulari

Il "boss dei boss" era latitante dal 2019. Catturato a Madrid in un'operazione congiunta tra le forze dell'ordine italiane e spagnole, è considerato uno dei più grandi broker del narcotraffico internazionale

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La sua è una storia da romanzo. Sotto il profilo criminale, inizia ormai decenni fa, con i primi crimini di ‘ndrangheta e l’avvio del traffico internazionale di stupefacenti. Dal punto di vista giudiziario, invece, raggiunge l’apice proprio due anni fa. Era l’agosto del 2019. Ora Domenico Paviglianiti è stato nuovamente arrestato. Lo scorso 3 agosto, i carabinieri di Bologna e la polizia spagnola lo hanno scovato a Madrid, dove l’uomo, 60enne, era latitante.

Uno dei principi del narcotraffico internazionale

La sua carriera criminale si dipana tra gli anni ’80 e gli anni ’90.È in quel periodo che Paviglianiti si guadagna l’appellativo di “boss dei boss”. Dall’area grecanica della provincia di Reggio Calabria, Paviglianiti è diventato uno dei broker del narcotraffico internazionale più potenti e longevi della storia.

Da sempre considerato un elemento apicale della sua cosca, tuttora attiva e potente nei comuni di San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri nel Reggino. Ma con ramificazioni importanti in Lombardia e, ovviamente, in Sud America per la gestione dei traffici di droga.

La sua cosca si è sempre inquadrata nell’alveo dello schieramento “destefaniano”. Fin dai tempi della seconda guerra di ‘ndrangheta, che tra il 1985 e il 1991 insanguinò con oltre 700 morti la provincia di Reggio Calabria, Paviglianiti ha sposato la causa dei De Stefano. La cosca che, più di tutte, ha modernizzato la ‘ndrangheta.

La complessa vicenda giudiziaria

Su di lui pende un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti per 11 anni, 8 e 15 giorni, emesso il 21 gennaio dalla Procura di Bologna per i reati di associazione di tipo mafioso, omicidio e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Dall’ottobre 2019 aveva lasciato l’Italia, rifugiandosi in Spagna.

Proprio da quel 2019, in cui, nell’arco di due mesi, verrà arrestato e scarcerato diverse volte. Fino a diventare uccel di bosco.

Paviglianiti, condannato all’ergastolo, era stato catturato in Spagna nel 1996. L’estradizione era stata concessa a condizione che l’Italia non applicasse il carcere a vita. In quel periodo, infatti, l’ordinamento spagnolo non prevedeva il “fine pena mai”.

Per questo motivo venne condannato a 30 anni, che, nell’agosto 2019 (anche per via di alcune riduzioni) risultavano già scontati. I suoi legali, infatti, avevano rilevato come a febbraio 2019, dopo 23 anni, tra indulto, liberazione anticipata, era già scontata tutta la pena. Da qui la scarcerazione.

Ma, dopo due giorni, un successivo ricalcolo portò a un nuovo ordine di carcerazione. Paviglianiti venne così nuovamente arrestato, quando ancora non aveva lasciato il Nord Italia, dove era detenuto. Poi, la scarcerazione nell’ottobre dello stesso anno. Liberato, nel giro di due mesi, due volte per fine pena.

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Di nuovo in pista?

Adesso il nuovo arresto. In Spagna i carabinieri sono arrivati seguendo le tracce di alcuni familiari. Il concreto sospetto degli investigatori è che Paviglianiti avesse ripreso in mano il business del traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Quando è stato preso era da solo ma ci sono accertamenti in particolare su una donna sudamericana. I contatti con il Sud America spingono infatti gli inquirenti a ritenere che Paviglianiti fosse ritornato a essere il potente broker del narcotraffico che era prima della lunga detenzione.

Piuttosto sospetto, in tal senso, il fatto che quando il boss è stato bloccato in strada, nei pressi della propria abitazione di Madrid, avesse con sé sei cellulari in un borsello, seimila euro in contanti e documenti falsi con un’identità portoghese.

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