In principio c’era la Catizonese, poi venne Eugenio e Guarascese fu perché in entrambi i casi parlare di Cosenza per i tifosi era diventato dannatamente difficile.
La Storia, aveva teorizzato già parecchio tempo prima un filosofo ed economista tedesco piuttosto noto, ha il brutto vizio di tendere a ripetersi. E quando c’è da replicare una tragedia, ama dare il bis sotto forma di farsa. Le vicissitudini dei rossoblu nel nuovo millennio non sono che l’ennesima conferma della bontà di quella vecchia analisi e della sua attualità.
Vent’anni dopo
La prima volta c’erano di mezzo il tragico addio al calcio professionistico dopo il fallimento, la politica (con l’allora sindaca Catizone a rivestire anche l’insolito ruolo di presidentessa di una neonata squadra di calcio), malcontento dilagante tra i tifosi e addirittura un derby: Cosenza Football Club Srl (per i detrattori, Catizonese o Fc Catizone) contro Cosenza 1914 Spa. Era la stagione 2004-2005, annus horribilis per eccellenza nell’ormai ultracentenaria vita sportiva dei Lupi.
Un paio di decenni dopo, il replay. Non altrettanto tragico, vista almeno l’iscrizione al prossimo campionato di Serie C dopo la retrocessione dell’ultima stagione. Ma – difficile pensarla altrimenti – di certo più grottesco. E, proprio per questo, ancora più insopportabile per chiunque abbia a cuore il destino dei rossoblu.

Lo chiamavano Guarascese
Il Cosenza almeno stavolta è uno solo, ma ormai lo chiamano tutti, o quasi, Guarascese. Non è roba da poco, se si considera che l’italiano medio ha due cose che non cambia mai nella vita: mamma e squadra del cuore, con relativi nomi di battesimo. Eugenio Guarascio – paradossalmente il presidente a conquistare il più prezioso trofeo della scarna bacheca dei Lupi – è riuscito in un’impresa titanica.
Lo chiamavano Guarascese, il Cosenza, già quando i dirigenti si presentavano tra i proclami a inizio stagione e poi sparivano fino al giorno delle dimissioni. Quando gli steward rivendicavano in piazza mancati emolumenti e nelle pagine social del club entrava in vigore un inedito blocco dei commenti per i sostenitori. O quando in ritiro la rosa era di quattro gatti, magari in prestito, e si aspettava sistematicamente gennaio per rimediare a mercati d’agosto mai all’altezza delle aspettative.
Continuavano a chiamarlo Guarascese
E continuavano – e continuano – a chiamarlo Guarascese dopo l’imperdonabile stop iniziale al memorial in onore di Gigi Marulla, così come ogni volta che sulla stampa locale, snobbata dal club in più occasioni, è spuntata qualche ipotesi di cessione societaria. Quelle trattative che a maggio – Guarascio dixit – sono «situazioni concrete» che potrebbero «arrivare alla definizione in brevissimo», per citarne soltanto una, e a luglio diventano – sempre parole di Guarascio – «offerte praticamente a costo zero».
A quale delle versioni opposte credere se a pronunciarle è la stessa persona? Grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione più che eccellente risulta deprimente.

Derby d’Eccellenza
A ravvivare gli animi ha provato il senatore Fausto Orsomarso con un’inattesa proposta. L’esponente di FdI, che nonostante le smentite di rito qualcuno ipotizza possa correre per il dopo Occhiuto alla presidenza regionale, suggerisce di creare una nuova squadra. Sostiene che ci sia una cordata di imprenditori «già pronti» – non a mettere soldi nell’attuale società, però – a darle vita e farla ripartire dall’Eccellenza. Campionato, giusto per la cronaca, i cui calendari sono già stati stilati e non parrebbero prevedere la presenza di nuovi ipotetici club cosentini.
L’augurio di tutti resta quello di rivedere appena possibile il Cosenza in serie B; la speranza (forse anche dello stesso Guarascio), di farlo con un presidente diverso; il timore quello di assistere l’anno prossimo a un Guarascese-Orsomarsese.

