Lello Valitutti: un superteste calabrese nel caso Pinelli

Fu l'ultimo a vedere l'anarchico prima del tragico "volo" dal quarto piano della Questura di Milano. E non ha mai cambiato versione: anche il commissario Calabresi era lì

Condividi

Recenti

Adriano Sofri nel suo La notte che Pinelli (Sellerio, Palermo 2009) rievoca gli anni bui della strage di Piazza Fontana.
Il 12 dicembre del 1969 le bombe piazzate nella Banca dell’Agricoltura di Milano fecero 17 morti e 88 feriti. La Polizia seguì subito la pista degli anarchici. E i sospettati furono fermati e tradotti in Questura nel giro di poche ore.
Tra questi c’erano Giuseppe Pinelli, Pietro Valpreda e Pasquale “Lello” Valitutti.

Lello Valitutti, il supertestimone calabrese

Quest’ultimo fu testimone di ciò che accadde nelle concitate ore della notte del 15 dicembre, quando il ferroviere Pinelli, dopo tre giorni di interrogatori stressanti, precipitò dalla finestra dall’ufficio – in cui si sostenne fosse presente il commissario Luigi Calabresi – e si schiantò dal quarto piano.
Sulla dinamica di quel “volo” sono state condotte numerose inchieste da cui sono emerse altrettante “verità”.
I poliziotti presenti parlano di suicidio. Al contrario, gli anarchici e tanta parte dell’opinione pubblica sostengono l’ipotesi dell’assassinio.
A distanza di 53 anni, resta il mistero: tra i “testimoni” di allora, infatti, qualcuno ha abiurato e qualcun altro ha revisionato la propria storia.

Una versione che non cambia

Chi, invece, ripete la stessa versione dei fatti, è Lello Valitutti di origine calabrese, citato più volte nel libro di Sofri. Suo padre Francesco è stato per tantissimi anni leader storico della Democrazia cristiana a Paola. La madre, Anna Maria Del Trono, apparteneva a una famiglia bene di Cetraro.
Lello racconta, il 18 marzo 2004, durante l’iniziativa Verità e giustizia promossa dal circolo anarchico milanese Ponte della Ghisolfa e dal Centro Sociale Leoncavallo, la sua verità su quella tragica notte.
Lo fa con espressioni misurate ma suggestive: «Da questo corridoio passano, portando Pino, Calabresi e gli altri, e vanno nella stanza vicino. Chi dice che Calabresi non era in quella stanza sta mentendo, nel più spudorato dei modi. Calabresi è entrato in quella stanza, è entrato insieme agli altri, nessuno è più uscito».

E ancora: «Ve l’assicuro, era notte fonda, c’era un silenzio incredibile, qualunque passo, qualunque rumore rimbombava, era impossibile sbagliarsi, lui era in quella stanza. Dopo circa un’ora che lui era in quella stanza, che c’era Pino in quella stanza, che non avevo sentito nulla, quindi saranno state le 11 e mezzo, grosso modo, in quella stanza succede qualcosa che io ho sempre descritto nel modo più oggettivo, più serio, scrupoloso, dei rumori, un trambusto, come una rissa, come se si rovesciassero dei mobili, delle sedie, delle voci concitate».

La strage di Stato

Questo racconto di Lello Valitutti è apparso per la prima volta nel celebre libro La strage di Stato, la controinchiesta che fece scalpore quando uscì nel 1970, perché puntava il dito sui neofascisti di allora.
La storia, dopo l’assoluzione del ballerino anarchico Pietro Valpreda e i processi di Catanzaro, ha dato ragione a Eduardo Di Giovanni e Marco Ligini, gli autori dell’opuscolo, che nel frattempo si erano dovuti difendere dalle accuse di diffamazione.

 

Lello Valitutti e Gerardo D’Ambrosio: botta e risposta

Un’altra volta, e precisamente nel 2002, Valitutti fu chiamato in ballo in modo errato dal giudice Gerardo D’Ambrosio, all’epoca dei fatti titolare dell’inchiesta, che in un’intervista al settimanale del Corriere della Sera, Sette, dichiarò: «Poi, ottenni un’altra prova sull’innocenza di Calabresi». «Quale?», domanda il giornalista. «La testimonianza di uno degli anarchici fermati, Pasquale Valitutti: aveva visto Calabresi uscire dalla stanza prima che Pinelli cadesse».

dambrosio-pinelli
Gerardo D’Ambrosio all’epoca delle indagini sulla morte di Pinelli

Valitutti rispose all’istante. In una lettera scritta all’allora direttore diLiberazione, Sandro Curzi, pubblicata il 17 Maggio 2002 dichiarò: «Vedo, ancora una volta, distorta la verità. Io sono l’anarchico Pasquale Valitutti e ho sempre sostenuto il contrario. Lo ripeto a lei oggi: Calabresi era nella stanza al momento della caduta di Pinelli. Se tutto è ormai chiaro, come dicono, perché continuare a mentire in questo modo vergognoso sulla mia testimonianza? Io sono ormai stanco, malato e fuori da qualsiasi gioco. Ma alla verità non sono disposto a rinunciare».

Le vecchie lotte

Per comprendere ancora meglio il carattere di Valitutti, il suo rigore e l’inossidabile fede negli ideali anarchici, basta consultare il carteggio intercorso, durante la sua detenzione a Lucca, con Franca Rame e Dario Fo, che si battevano per la sua liberazione.
Lello era accusato di appartenere ad un gruppo denominato Azione rivoluzionaria. «Compagni – scrive – adesso vogliono farmi pagare le vecchie lotte per Pinelli e Valpreda, le carceri che ho combattuto insieme a tanti di voi. Gli elementi che hanno contro di me sono: la conoscenza con uno dei colpevoli del tentativo di sequestro Neri a Livorno e alcuni miei spostamenti che ritengono sospetti».

Lello Valitutti, Dario Fo e Franca Rame

Anche in quelle circostanze, non rinunciò a un rapporto franco con i propri interlocutori, manifestando disappunto, perché a suo dire, la Rame, non si stava impegnando troppo per sostenere la causa dei detenuti politici come lui.
Dario Fo gli rispose in una lettera del 27 gennaio 1978: «Ti rispondo a nome di Franca perché, come saprai è ricoverata in ospedale a causa dell’incidente che ha avuto a Genova. È stata investita da una macchina e ha subito la frattura del braccio sinistro. Sinceramente non capisco il termine delusione che usi nella lettera che indirizzi anche a Franca. Lo sai benissimo che non si è tirata mai indietro. Quindi nel tuo caso è solo perché è bloccata all’ospedale e sta proprio male se non ha potuto far niente. Hai ricevuto il vaglia che ti è stato spedito il 18? Faccelo sapere per favore».

morte-accidentale-anarchico-dario-fo
Dario Fo sul palco nel suo Morte accidentale di un anarchico

Parla la mamma

Tra i documenti custoditi nell’archivio storico della coppia di attori, c’è anche un appello della madre di Valitutti, indirizzato «ai giornali, ai compagni, agli amici», che denuncia le gravi condizioni di detenzione del figlio in attesa di giudizio a Volterra. «Vive in una cella munita unicamente di letto e luogo di decenza – scrive Anna Maria Del Trono – senza un lavandino, senza una seggiola, senza alcun mezzo di informazione, continuamente ammanettato. È ovvio che tale stato di completo isolamento possa considerarsi un omicidio nei confronti di un giovane già così provato nella salute. Ritengo responsabili della sua salute coloro che permettono che mio figlio soffra ingiustamente un trattamento indegno non dico di un uomo, ma di una bestia».

Malato in carcere

Sempre nell’epistolario, Pasquale Valitutti, una volta chiariti i motivi del mancato impegno di Franca Rame e Dario Fo, descrive il peggioramento della sua salute: «Sono affetto da una grave depressione nervosa con gravi conseguenze fisiche, L’avv. Lo Giudice sta raccogliendo un’ampia documentazione medica e al più presto presenterà una domanda di libertà provvisoria».

enzo-lo-giudice
Enzo Lo Giudice e Antonio Di Pietro negli anni di Tangentopoli

Il Lo Giudice, citato nella lettera, è Enzo, avvocato con lo studio a Paola e dirigente allora di primo piano del Partito marxista-leninista d’Italia, che diventerà in seguito il legale di Bettino Craxi in molti processi di Tangentopoli.

Solidarietà tra carcerati

Ma Lello in cella non pensa solo sé. Si preoccupa anche degli altri compagni rinchiusi in tutte le carceri d’Italia che devono difendersi in Tribunale. Ed esorta tutti quelli che vogliono contribuire a «far avere dei soldi al mio avvocato. Vi prego di non mandare nulla a me: l’avvocato difende altri compagni ed è giusto che a lui vadano i soldi. Mandateli a tramite vaglia o assegno, specificando che siete miei amici».
Il giornalista Toni Capuozzo, in collegamento dal Brasile, nel commentare le dichiarazioni del governo italiano circa la mancata estradizione di Cesare Battisti, elencava i nomi di una serie di latitanti italiani che abiterebbero ancora in Brasile, tra cui l’anarchico Pasquale Valitutti.

Libero e combattente

Capuozzo non sapeva che Lello Valitutti da molti anni vive libero a Roma e partecipa, nonostante le gravi condizioni di salute, insieme a Licia Rognini, la moglie di Pinelli, alle iniziative che si tengono in memoria del suo amico e compagno volato in cielo a testa in giù.

Valitutti, malgrado sia costretto da diversi anni sulla sedia a rotelle, continua a partecipare a manifestazioni di piazza, anche alle più dure e pericolose. Una volta è stato immortalato con una bomboletta spray in mano mentre spruzzava vernice su una camionetta della Guardia di Finanza. Un’altra foto lo ritrae mentre fronteggia un plotone di celerini in assetto antisommossa, con il pugno chiuso nella sua continua lotta anarchica antisistema.

Alessandro Pagliaro

Sostieni ICalabresi.it

L'indipendenza è il requisito principale per un'informazione di qualità. Con una piccola offerta (anche il prezzo di un caffè) puoi aiutarci in questa avventura. Se ti piace quel che leggi, contribuisci.

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi in anteprima sul tuo cellulare le nostre inchieste esclusive.