La questione meridionale oggi è prima di tutto una questione burocratica, in Calabria più che altrove. Se il nocciolo dei problemi del Sud fosse qualcosa di tangibile sarebbe nascosto sotto scartoffie a prendere polvere in qualche scaffale di un remoto ufficio. Sarebbe un piccolo animaletto onnivoro che si diverte a creare scompiglio e distruggere fogli e cifre. Bisogna comprendere come agisce, come è nato e di cosa si ciba per capire tutti i conti che non tornano: pagamenti, bilanci e, soprattutto, fondi. E la questione non è più differibile dal momento che sono in arrivo centinaia di milioni dall’Unione Europea.
La metafora è tutt’altro che esagerata. Basta rifletterci: se i fondi possono essere tolti o non rendicontati, se si creano lungaggini burocratiche e intoppi che costringono un cittadino a chiedere mille favori per ogni richiesta legittima non può essere esente da colpe una burocrazia che permette il crearsi di aree grigie, poco trasparenti e confuse. Occorre quindi fare una radiografia agli enti pubblici per conoscere meglio chi gestirà questi milioni. Per far questo i dati sulla provenienza di reddito e tipologia di occupazione e le situazioni economiche degli enti restituiscono una fotografia molto interessante.
Più statali, meno industrie e servizi
A Cosenza il 42% della popolazione risulta occupata. E all’interno di questa percentuale quasi 15 mila persone risultano occupate alla voce “amministrazione”, che comprende tutti i possibili apparati della pubblica amministrazione, dal Comune alle segreterie, uffici vari e via di questo passo. Il numero rappresenta il 47% degli occupati, mentre la restante metà è divisa tra industrie e servizi. Ad Imola, comune più o meno della stessa grandezza di Cosenza la percentuale nell’amministrazione è del 17% (nonostante il grado complessivo di occupazione non sia molto distante, 46%). La parte del leone ad Imola la fanno le industrie. Stesso discorso se si paragonano due città come: Reggio Calabria e Reggio Emilia. L’amministrazione di Reggio Calabria racchiude il 33% degli occupati, mentre quella di Reggio Emilia il 18%.

Anche in quest’ultimo il grosso è nelle industrie. Il dato può essere replicato anche con comuni più piccoli. In Calabria gli enti classificati come amministrazioni occupano la maggior parte delle persone. Come è stato possibile creare questa differenza? Un’analisi dettagliata dei dati mostra che gli enti pubblici o che rientrano nella categoria di “amministrazione” al Sud sono di più (si pensi ai consorzi, le aziende autonome, le comunità territoriali o i vari istituti) e sovradimensionati.
Tanta burocrazia, poca efficienza
I freddi numeri di qualche anno fa raccontano di un territorio nel quale l’iniziativa privata è piccola o del tutto assente. È una contraddizione beffarda, a pensarci bene. Lo Stato, proprio in una terra dove la sua mancanza si sente più che altrove, è anche quello che fornisce più occupazione. E ancora: lo Stato da questo punto di vista è tanto presente, quanto inefficiente. Le città prese a paragone – a parità di popolazione – hanno meno funzionari, ma funzionano meglio. E soprattutto spendono meno.

Basti un solo esempio: il Comune di Cosenza spende 13 milioni in stipendi per il personale, contro gli gli 8,7 di Imola. Fa ridere o preoccupare leggere che sempre lo stesso comune spende 7 milioni in infrastrutture stradali, mentre Imola appena uno, con evidenti risultati differenti. Vogliamo credere che costano di più i lavori a queste latitudini? Altre voci nelle quali il Comune di Reggio Calabria spende diversi milioni sono i contenziosi, per i quali ogni cittadino calabrese sborsa mediamente 10 euro contro i 3 nazionali. Ma questa è un’altra storia…
Il deficit di competenze
Se è questa la fine che faranno i fondi del Pnrr sarà impietosa. In realtà, però, è possibile che questi fondi nemmeno riescano ad arrivare perché non ci sono professionisti capaci di scrivere progetti adatti. Per far fronte a questo il Governo ha emanato un decreto per favorire l’assunzione di tecnici ad hoc. Ma come è possibile? I numeri dicono che i nostri enti brulicano di persone e ne servono ancora?
Questo perché i numeri non dicono tutto. È vero, ci sono molte persone. Ma è altrettanto vero che sono dislocate in enti molto spesso dormienti (mentre alcuni uffici restano sottodimensionati) e hanno competenze non più adatte alle nuove sfide. In tal caso bisogna chiedersi perché alcune costole vengono mantenute ancora in piedi, chi seleziona i funzionari e quanta cura si dedichi al loro aggiornamento professionale. Domande, forse, retoriche.
Età media alta e due funzionari su tre senza laurea
Perché, dunque, questi moderni amanuensi fanno numero più che ottenere risultati? Una prima risposta potrebbe essere l’età. L’età media della classe tecnica meridionale è alta e quindi poco duttile a cambiamenti e nuove sfide. Un’altra potrebbe essere il fatto che la Calabria ha solo il 34% di dipendenti comunali laureati, una delle ultime in classifica. Questo a dire il vero è un problema relativo perché conta anche il tipo di laurea e dalle nostre parti sovrabbondano gli avvocati ad esempio. Contano, insomma, più ragioni, tra le quali non bisogna escludere una certa volontà che le cose restino lente e macchinose e quindi poco accessibili senza aiuti esterni.

Ad ogni modo, le avvisaglie del possibile disastro in queste settimane si sono già viste. Dei progetti finanziabili riguardanti le risorse idriche la Calabria ne ha visti accettati 20 e rifiutati 16 (la regione con più rifiuti dopo la Sicilia). E bisogna anche essere contenti perché una prima bozza presentata a marzo era a tratti copiata da quella di altre regioni. Una volta arrivati, i fondi bisogna saperli spendere senza che colino via tra spese gonfiate e ritardi vari. Anche perché altrimenti l’UE congela l’erogazione, è già successo di recente per altri fondi a causa di errori di rendicontazione. Infine, servirà saperli controllare: è la Regione stessa, nelle relazioni di valutazione dei fondi, a notare un «deficit informativo del sistema di monitoraggio».
Kafka ne avrebbe per decine di romanzi. I suoi protagonisti imprigionati in macchine burocratiche apparentemente senza logica sono perfetti per la Calabria. La tradizione orale che un tempo serviva ai greci per tramandarsi a memoria opere immense ora è usata per tramandarsi addirittura bilanci. In queste moderne opere, però, di eroi nemmeno l’ombra.
Saverio Di Giorno