È probabile che non siano in tanti a ricordarselo, ma c’è stato un tempo (breve) in cui a Cosenza si poteva perfino sciare. Succedeva agli inizi di questi dieci anni targati Mario Occhiuto. Il sindaco aveva fatto innalzare nei dintorni dei “Due Fiumi” una struttura dalla quale si poteva scendere con gli sci ai piedi. La pista era lunga poche decine di metri ma era costata ai cittadini circa 80 mila euro e avrebbe rappresentato l’inizio di una lunga stagione caratterizzata dal “fare”.
Dopo gli anni incolori dell’amministrazione Perugini, fu anche per questa frenesia del “fare” che Mario Occhiuto, il sindaco-architetto vide crescere il consenso attorno alla sua persona, imponendo la sua visione della città ludica ed effimera, molto costosa e alla lunga separata dai reali bisogni dei cittadini. Furono gli anni delle luminarie e prima ancora dei cerchi, noleggiati a caro prezzo e poi acquistati. Ma anche quelli delle determine di somma urgenza, tutte una virgola sotto i 40 mila euro, per lavori spesso assegnati alle stesse ditte.

Un sistema che produsse un record difficilmente superabile: 61 determine firmate in una sola notte. Intanto la città cambiava volto. Dove prima c’erano strade nascevano piazze e slarghi pedonabili, sempre implacabilmente pavimentate con le stesse piastrelle. Il salotto cittadino si arricchiva di nuove statue, al fianco delle quali ogni tanto sorgevano pupazzi colorati a foggia di dinosauri o altri animali. In alcuni luoghi topici della città nascevano locali per giovani, animando spazi fin lì silenti: il sindaco poteva affermare con orgoglio di aver vivificato «una città che alle dieci di sera andava a letto».
Il realismo magico
È difficile comprendere la dinamica di fascinazione e consenso di cui Occhiuto è stato protagonista senza ricorrere a un riferimento culturale: il realismo magico, cioè la capacità di costruire trame narrative che mischiano e sovrappongono la realtà con l’immaginifico. Su questo piano l’ex sindaco è stato insuperabile. Ogni volta che faceva circolare sui social il rendering di un progetto, con le figure di abitanti gioiosi, i viali alberati, i palazzi bellissimi i cosentini cominciavano a sognare. Immaginavano loro stessi in quegli spazi idilliaci, trascurando di domandarsi come e quando quel sogno avrebbe trovato realizzazione.

Il sindaco architetto conduceva per mano i suoi cittadini nel mondo incantato della grafica digitale. E i cosentini, grati, lo premiavano con il loro diffuso consenso. Da qualche parte giacciono progetti di campi di calcio, tutti diversi e tutti buoni per catturare l’attenzione della città nei momenti del bisogno; ospedali che sembrano usciti da un film americano; perso in qualche cassetto c’è pure il progetto in cui la strada di viale della Repubblica sparisce in un sottopassaggio, mentre sopra c’è un rigoglioso viale alberato. Ma la scommessa più immaginifica resta quella della ricerca del tesoro di Alarico, per il ritrovamento del quale furono scomodati il politologo Luttwack e i droni israeliani. Questi ultimi per fortuna mai arrivati sulle rive del Busento.
Le opere
Le cose realizzate da Occhiuto nei dieci anni della sua amministrazione affondano le radici nell’epopea manciniana. È in quella fase storica che furono pensati i progetti di piazza Fera, del ponte di Calatrava, del Planetario. A Mario Occhiuto va il merito di averle realizzate, facendo sbiadire la figura del vecchio leone socialista e intestandosi le opere.
Non senza qualche smagliatura nell’opera edificatoria. Il ponte di Calatrava è sorto (anche) grazie alle risorse destinate alla costruzione di case popolari. Lo hanno inaugurato – così ha denunciato l’ex assessore De Cicco – con il denaro che era stato stanziato per le periferie, mentre su piazza Fera pende come una scomunica l’indagine della Dda. Un capitolo a parte meritano le giravolte sulla metro e la realizzazione del viale del benessere, quello dove si registra il maggior tasso di maledizioni da parte degli automobilisti.

Gli inciampi giudiziari
Dieci anni da sindaco e una parte di essi da indagato. Le vicende personali e quelle legate al suo ruolo di sindaco si sovrappongono in una sequela impressionante di problemi sospesi con la giustizia: indagato per associazione a delinquere transnazionale; indagato per le spese personali con i fondi del comune; indagato per bancarotta fraudolenta, condannato in primo grado al pagamento di 262 mila euro per danno erariale. Con in più un marchio: essere il primo sindaco ad aver dovuto dichiarare il dissesto del Comune.
L’assalto alla Regione
Sono stati questi inciampi giudiziari a fermare la candidatura di Mario Occhiuto alla Regione, interrompendo una cavalcata sapientemente costruita e poi abbandonata per far spazio a Jole Santelli, verso cui aveva avuto parole da tragedia greca, prima di santificarla pubblicamente dopo la morte. Oggi la Regione l’ha conquistata per interposta persona, dal fratello Roberto. Non è la stessa cosa, ma ci si può accontentare.
In questi dieci anni la frase più celebrativa del governo di Occhiuto è stata “Il bello è buono”, concetto con cui si il sindaco uscente spiegava che quello che a lui piaceva era certamente per ciò stesso anche giusto. Da oggi chi guiderà la città dovrà costruire un nuovo senso di bello. Quello che si lega col giusto.