I segreti sono finiti

Le relazioni sociali si basano anche sui segreti. Massimo Cerulo, sociologo cosentino che insegna presso l'Università di Napoli Federico II, ha descritto queste dinamiche in un libro edito da il Mulino. Un lavoro che alla fine ci svela che forse, nell'era digitale, di segreti non ce ne sono più

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Tra gli strumenti più efficaci per la costruzione di relazioni tra le persone ci sono le parole, quelle che si dicono e quelle che invece si devono tacere, per esempio i segreti. Deve essere stata la potente valenza di collante sociale, di legame tra gli individui che svolge il disvelamento di un segreto e il conseguente vincolo al silenzio che sempre l’accompagna, ad affascinare Massimo Cerulo, docente di Sociologia dell’Università di Napoli, che proprio su queste dinamiche complesse, eppure assai collaudate, ha indagato scrivendo “Segreto”, edito da il Mulino.

Il libro di Massimo Cerulo editato da il Mulino

Il segreto è un fatto sociale

Per una curiosa distorsione cognitiva siamo abituati a pensare al segreto come qualcosa di intimo, un fenomeno circoscritto a un numero molto piccolo di persone, un fenomeno che non riguarda il lavoro del sociologo. In realtà non dobbiamo stupirci se Cerulo ha rivolto l’attenzione verso qualcosa che sembra intimo e non collettivo, perché in effetti sui segreti e sulle dinamiche che essi prevedono, è costruita una parte non piccola della quotidianità. Il segreto, insomma, è un fatto sociale e Cerulo lo svela subito quando dice che «Chiedere o tacere, rispondere o svicolare, sono forme di interazione» attorno alle quali costruiamo relazioni.  Ma non basta, i segreti sono un fatto assolutamente sociale anche perché nessuno di noi può davvero affermare di non averne, come spiega Cerulo, il che implica la necessità umana di confidarli. Insomma se c’è un segreto, c’è pure la tentazione di svelarlo.

Massimo Cerulo insegna nell’Università di Napoli Federico II ed è chercheur associè al Cerlis della Sorbona di Parigi

Il vincolo dell’amicizia

E qui entra in gioco il vincolo dell’amicizia, che nel mantenimento dei segreti ha il compito della complicità e quindi dell’alleggerirci del peso di portare noi soli il fardello dell’indicibile. Su questo, con grande puntualità, l’autore ama citare Simmel, «uno dei più poetici sociologi», quando svela che le relazioni si fondano anche sulla discrezione, sul «tenersi lontani da tutto ciò che l’altro non manifesta in modo positivo», sulla sensibilità capace di cogliere ciò di cui si può parlare oppure no, quelli che Cerulo chiama “confini flessibili”, dettati dal mutare delle circostanze e dai gradi di intimità. Quel che accade quando sveliamo un segreto, oppure quando una persona ce ne affida uno, è molto interessante e tuttavia facendo parte della quotidianità più esercitata, non vi facciamo troppa attenzione. Invece è molto importante, non a caso abbiamo usato il verbo “affidare”, perché svelando un segreto noi ci affidiamo a chi riceve la rivelazione, oppure qualcuno si affida a noi. Si tratta a ben guardare di un vincolo prepotente e molto pesante.

Si chiede la massima lealtà, l’obbligo del silenzio, la condivisione di un fardello e qui viene in mente la simpatica scenetta in The Big Bang Theory tra Sheldon e Penny, quando quest’ultima svela un segreto a Sheldon che inorridisce davanti alla prospettiva di un impegno così gravoso. Ci sono poi altri segreti indagati da Cerulo e sono quelli che legano più persone, che generano comunità, come le sette o alcune associazioni. Qui i segreti sono il fondamento dell’adesioni stessa al gruppo.

Per Dio non abbiamo segreti

La fede cattolica è chiara: Dio sa tutto. Malgrado ciò ogni tanto occorre alleggerire il peso che grava sull’anima tramite la confessione. Questo rapporto tra i segreti il loro disvelamento si consuma nella pratica della confessione, oggi diventata sbiadita, come rivela un sacerdote la cui esperienza viene citata nel libro. Forse sta venendo meno il senso del peccato e con esso il segreto dell’atto sbagliato che si è compiuto, ma se Dio c’è non abbiamo scampo: a Lui non possiamo nascondere nulla.

La confessione in crisi

Custodi e ostaggi

I preti non sono i soli destinatari dei segreti altrui. Condividono il difficile compito di sapere e dover tacere assieme ad altre figure professionali, come i medici, gli avvocati e i giornalisti.  Ma cosa succede quando si rivelano cose indicibili? Per spiegare la dinamica di reciproca e perpetua appartenenza Cerulo si affida ai protagonisti del racconto di Starnone “Confidenza”. E’ la storia di due amanti che quasi a voler eternare il loro legame decidono di svelarsi reciprocamente il «segreto più orribile». Il loro amore, come spesso succede, si spegnerà, ma i due a causa del patto sancito resteranno custodi e ostaggi l’uno dell’altro, in una costante condizione di angoscia. Ma c’è un tempo passato il quale siamo liberati da vincolo del segreto? Questo non è dato sapere, anche perché lo stesso Cerulo ci spiega che «ogni segreto ha un suo peso specifico» e quindi è differente da qualunque altro.

La condivisione di un segreto genera vincoli sociali

“L’altro” ci è sconosciuto

Ci è segreto tutto quanto non conosciamo e da questo punto di vista Cerulo fa parlare Derrida per spiegarci che «l’altro è segreto proprio perché è altro», insomma diverso e dunque per certi versi sconosciuto e finché non si svela, attraverso la pratica della frequentazione, resta un mistero. Ma quando cominciano i segreti? Cerulo suggerisce che questo accade forse quando diventiamo adulti, quando si assume «la costruzione della propria identità»

Nell’era digitale nessuno ha più segreti

Non è più tempo di segreti

Ma possiamo avere segreti nell’era digitale? Nella società della sorveglianza, resta spazio per cose riservate? Cerulo per rispondere prende in prestito la trama di un romanzo distopico scritto da Evgenij Ivanovic Zamjatin, dal titolo “Noi”. Si tratta di un mondo non diverso da quello immaginato da Orwell, o dal Panopticon  di Benthan applicato alla società di cui parla il coreano Byun Chun Han, con la differenza che per quest’ultimo non c’è un regime autoritario a scrutarci nella parte più intima della nostra esistenza, ma siamo noi a rinunciare consapevolmente e volontariamente a ogni nostro segreto mettendoci in mostra sui social. Questa tentazione costante per Cerulo «è un nuovo imperativo contemporaneo» cui nessuno sfugge, per questo la frase «non dirlo a nessuno» potrebbe aver perduto ogni significato.

 

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