A Galatro, poco meno di 1.500 abitanti tra la Locride e le Serre, ci sono due potenti attrattori: innanzitutto le terme, costruite a fine ’800, e una fattoria modello, la Tenuta agricola Riario Sforza.
Queste strutture sono ciò che resta di un progetto ambiziosissimo e mai realizzato. Si tratta di una città nuova di zecca, che avrebbe dovuto prendere il posto del borgo, dedicata nientemeno che all’eroe dei due mondi. Parliamo di Garibaldipoli, forse il primo progetto di rigenerazione urbana in Calabria, concepito da un personaggio singolare, Luigi De Negri, un ex garibaldino genovese trapiantato a Napoli.
Un avventuriero per due continenti
Su Luigi De Negri si sa poco. E quel poco che si sa lo si deve alle ricerche effettuate dallo storico Giuseppe Monsagrati, finite nel libro “Garibaldipoli e altre storie di terra e di mare” (Rubbettino 2021). Difficile dire, soprattutto, che età avesse De Negri quando, nel 1862, tentò la fortuna in Calabria meno di un anno dopo essere uscito di galera, dov’era finito per una maxitruffa a Napoli. E non si sa neppure che fine abbia fatto, dopo aver tentato di far fortuna in Africa, agli albori del colonialismo italiano.
Che sia stato garibaldino e avesse partecipato alla spedizione dei Mille lo si apprende dai documenti del Generale. L’eroe dei due mondi in effetti ebbe con lui un rapporto particolare. In cui c’era di tutto, tranne la fiducia. E le sue idee strampalate, a volte geniali ma sempre irrealizzate, emergono dagli archivi giudiziari e ministeriali.

Una città ultramoderna a Galatro
Nel 1861 Galatro aveva un problema singolare: lo spopolamento, iniziato addirittura in età borbonica e dovuto alla cattiva posizione del borgo, tutt’altro che salubre.
Il paese, tra l’altro, era stato ricostruito a inizio ’800 su un’altura, dopo che il terremoto del 1783 aveva raso al suolo il sito originario. In altre parole, questa situazione era il risultato di una scelta fatta in situazione di grave emergenza, in cui i rischi erano ben altri che l’aria insalubre e l’umidità.
Con tutta probabilità, l’idea di creare una nuova città e dedicarla a Garibaldi fu suggerita agli abitanti di Galatro proprio da De Negri, che quell’anno aveva appena chiuso una tipografia per inventarsi una fantomatica Società Promotrice per le Opere Pubbliche Comunali per l’Italia meridionale, con tanto di sede prestigiosa: il Palazzo Maddaloni di Napoli, proprietà del principe Tommaso Caracciolo.
Proprio a Napoli, De Negri avrebbe frequentato un galatrese diventato famoso: Nicola Garigliano, un medico liberale, ferito durante i moti che precedettero l’arrivo dell’Eroe dei Due Mondi nella ex capitale dei Borbone. Vediamo meglio di cosa si trattava.

Garibaldipoli
Sembra strano trovare tanta modernità nell’Italia appena unita. Eppure, se fosse stata realizzata, Garibaldipoli sarebbe stata la prima città realizzata in project financing.
Non solo: sarebbe stata anche la prima città costruita su un piano regolatore all’avanguardia: una pianta quadrata, divisa in quattro porzioni da due strade che si incrociano ad angolo retto. L’abitato, infine, sarebbe stato costituito da case di un solo piano, di uno o tre vani. Il nome di Garibaldi, in questo caso, serviva ad ungere le ruote dell’amministrazione provinciale e dei ministeri e ad attirare investitori. Già: perché oltre che dai desideri dei cittadini di Galatro e dalla megalomania di De Negri, il progetto non era supportato da niente.
La città patacca
Garibaldipoli si sarebbe dovuta realizzare su un’altura della Valle del Salice, tramite l’esproprio, finanziato dal Comune di Galatro, di vari appezzamenti di terreno agricolo già assegnati a vari privati.
L’operazione non era leggerissima, avendo un costo iniziale di circa 10 milioni di euro odierni. Stesso discorso per la costruzione, che secondo il piano di De Negri, sarebbe stata finanziata in parte dagli stessi cittadini con l’acquisto preventivo delle case, in pratica una cooperativa edilizia. Più interessante è l’altra parte del finanziamento, che sarebbe dovuto derivare da azioni, dal valore di 200 euro odierni l’una, emesse direttamente dalla Società di De Negri, il quale praticamente non metteva uno spicciolo di suo, ma solo il nome di Garibaldi, con cui millantava rapporti di grande intimità.
In cambio di tanto impegno, l’imprenditore si “accontentava” della concessione gratuita delle acque termali, che allora sgorgavano in una grotta nei pressi del paese. Per sfruttarle avrebbe costruito uno stabilimento, finanziato sempre con azioni, da collocare addirittura presso il mercato internazionale.
E non finisce qui: il nome del Generale, inoltre, avrebbe dovuto garantire la costruzione di nuove strade che collegassero l’area di Galatro, praticamente isolata, alla vicina Polistena.
Convocato da Garibaldi
C’è da dire che il Nostro si diede da fare per davvero. Inondò di lettere Garibaldi, a cui chiese addirittura di mettere la sua residenza proprio nella futura città.
Ma l’Eroe dei Due Mondi, ripresosi da poco dalle ferite riportate in Aspromonte, non solo non aderì all’iniziativa, che finì in niente, ma volle vederci chiaro e convocò De Negri a Caprera. Di questo incontro, che avvenne alla fine del 1863, non si sa molto, se non che, da allora in avanti, De Negri non si sarebbe più messo in bocca il nome del Generale.
Truffe garibaldine
Infatti, non era la prima volta che De Negri usava il nome di Garibaldi che era già un brand di suo. Già nel 1860, a conquista appena ultimata delle Due Sicilie, l’imprenditore ligure aveva inventato un Comitato per la spada d’onore a Garibaldi, con sedi a Napoli e Milano.
Era la classica macchinetta mangiasoldi, escogitata assieme ad Alessandro Salvati un altro ex garibaldino avventuriero come lui, segno che chi si somiglia si piglia.
Lo scopo di questo comitato, che faceva concorrenza ai ben più seri Comitati di provvedimento garibaldini, era la raccolta di fondi per finanziare le prossime imprese dell’Eroe. Tra cui una bizzarrissima e megalomane: una spedizione nei Balcani per liberare l’Ungheria dal giogo austriaco. Sembra strano, ma qualcuno la prese sul serio, col rischio di scatenare una crisi internazionale
Intrigo internazionale
In Italia c’era allora una comunità di esuli ungheresi, divisa da una forte rivalità interna tra due leader, entrambi militari. Erano Istvan Turr, comandante della Legione ungherese e uomo di fiducia di Garibaldi, e il generale Sandor Gall.

Gall si fece sedurre dall’idea dei due fondatori del Comitato della Spada: uno sbarco in Grecia, possibilmente guidato da Garibaldi (o comunque in suo nome), quindi la risalita in armi nei Balcani occidentali per dare una mazzata all’Impero d’Austria. E così il Comitato iniziò a reclutare volontari e, soprattutto, a raccogliere quattrini.
Peccato solo che Cavour, impegnato a negoziare la pace, contrastò l’iniziativa, a cui Turr si era ferocemente opposto, e Garibaldi negò il suo consenso. Risultato: i Comitati di provvedimento denunciarono per malversazioni finanziarie Salvati e De Negri, che finirono in galera assieme a Gal.

Senza Garibaldi
Nel 1870 De Negri si tolse dalla testa Garibaldi e si buttò in un altro settore: la pesca. Allo scopo, aveva comprato uno scoglio nella baia di Posillipo, l’isola di Gajola. Luogo su cui aveva costruito una villa che sarebbe dovuta diventare la sede di quest’impresa. Un’attività economica per l’epoca all’avanguardia: l’allevamento dei pesci e il loro sfruttamento razionale. Inutile dire che questa iniziativa si sarebbe dovuta finanziare, più o meno, come Garibaldipoli: attraverso la raccolta di fondi mediante le azioni della sua Società di Pescicoltura. Anche quest’impresa finì malissimo, sia perché i pescatori vi si opposero sia perché la bocciò l’illustre zoologo Achille Costa.

Mal d’Africa
De Negri tentò l’ultima avventura ad Assab, nei primi ’80 del 1800. Il porto eritreo era da poco colonia italiana perché l’armatore Rubattino l’aveva venduto al governo. Logico che attirasse gli appetiti di imprenditori, semplici lavoratori e di avventurieri. Altrettanto logico che uno come De Negri tentasse anche lì. Infatti, il Nostro ripropose l’idea della pescicoltura con un’aggiunta esotica in più. Purtroppo per lui, trovò sulla sua strada Costa, a cui il governo dell’epoca chiese una consulenza. Inutile dire che il progetto fu lasciato cadere. Da questo periodo in avanti non si hanno più notizie di questo personaggio, a dir poco singolare.